Parte 2 di 3 Leggi la prima parte Negli anni '80 Cronen, Johnson e Lannamann propongono una revisione costruzionista della teoria del doppio legame che ha permesso di recuperarla dalla sua obsolescenza. La tesi accolta dagli autori è che il linguaggio non rappresenta la realtà, come ipotizzato dalla visione realista di Bateson, ma la costruisce. Poiché Bateson aveva formulato la teoria del doppio legame sulla base della teoria dei tipi logici, la comunicazione era intesa dall’autore come un mezzo per rappresentare una realtà chiara, priva d’intrecci e di ambiguità; il paradosso (la riflessività), a sua volta, era considerato come l’esito di errori dei processi comunicativi. Il ribaltamento epistemologico attuato da Cronen e collaboratori ha portato a due conseguenze principali. La prima è che la riflessività non è una fallacia dei processi comunicativi ma una loro componente normale e indispensabile. Ogni episodio comunicativo, infatti, è inizialmente caratterizzato da un certo grado di confusione tra i partecipanti, perché la qualità del contesto non è già data, ma deve essere costruita all’interno dell’interazione. La riflessività è perciò intrinseca agli scambi comunicativi e non rappresenta un errore, ma è un elemento necessario per il cambiamento, la crescita e l’evoluzione. La seconda conseguenza riguarda il fatto che, se le realtà sociali sono costruite nel corso delle conversazioni, allora ogni messaggio deve avere più livelli dei due individuati da Bateson. Oltre ai livelli di contenuto e relazione, Cronen e collaboratori hanno dichiarato la necessità di considerare altri quattro livelli, che sono costruiti nel corso delle interazioni comunicative: l’episodio, la relazione fra i comunicanti, il sé (o biografia personale) e i modelli culturali. Questi livelli sono organizzati gerarchicamente e danno luogo a un sistema gerarchico di significati. Ciò significa che ogni livello di ordine superiore costituisce il contesto entro cui interpretare il significato e la funzione del livello inferiore. Quando non è chiaro quale livello è di ordine superiore, si forma un circuito riflessivo. Il sistema gerarchico di significati è percorso da due forze: quella debole, definita implicativa che, agendo dal basso verso l’alto, permette agli elementi di ordine inferiore di acquisire significato e influenza a un livello superiore di astrazione, e quella del contesto, più potente, che operando dall’alto verso il basso, consente al livello superiore di significato di definire quelli che si trovano a un livello inferiore. Quando la forza implicativa e quella contestuale si eguagliano, si origina un circuito riflessivo. I circuiti riflessivi sono caratterizzati dalla temporalità. Il soggetto che si viene a trovare in un circuito riflessivo sperimenta, in un arco di tempo limitato, ciascuno dei livelli coinvolti dal sistema come contesto dell’altro, nel tentativo di interpretare un particolare significato. L’individuo prima esamina un aspetto del circuito e, dopo aver avanzato un’interpretazione, analizza l’altra alternativa. Gli autori hanno individuato due tipi di circuiti riflessivi: i circuiti riflessivi bizzarri, che creano disagio ed eventualmente patologia, e i circuiti riflessivi armonici che invece non sono problematici. I circuiti bizzarri corrispondono a processi riflessivi in cui un ribaltamento dei livelli produce un grande cambiamento dei significati a causa dell’intransitività reciproca dei livelli di significato. Al contrario, i livelli di significato dei circuiti armonici hanno una relazione transitiva, quindi ciascun livello può diventare il contesto dell’altro senza che ciò comporti un cambiamento dei significati. La transitività o intransitività, da cui dipende la qualità dei circuiti, è definita da metaregole (cioè da alcune premesse di significato) che sono il prodotto delle esperienze individuali delle persone, dei modelli culturali e della posizione particolare che l’individuo assume all’interno del suo sistema di relazioni. Per questo motivo un circuito riflessivo esperito come problematico da una persona può essere armonico per un'altra. Ciò rappresenta un ulteriore punto di svolta rispetto alla teoria del doppio legame, che, non prevedendo la distinzione tra circuiti armonici e bizzarri, identificava tutti i circuiti riflessivi come potenzialmente pericolosi. La riformulazione della teoria del doppio legame proposta da Cronen e collaboratori offre un nuovo e diverso modo di considerare l’eziologia della schizofrenia: quando il soggetto non può abbandonare il campo, metacomunicare sulla relazione e quando il doppio legame diventa il modello di comunicazione dominante nelle sue relazioni, se i circuiti bizzarri coinvolgono l’intero sistema gerarchico di significati, il soggetto può sviluppare la schizofrenia; nel caso in cui tali circuiti sono circoscritti a una sola parte del sistema le conseguenze possono essere limitate. L’entità del danno psicologico provocato dai circuiti riflessivi bizzarri dipende inoltre da quanto i livelli superiori di significato sono coinvolti in tali circuiti. La possibilità di liberarsi da un doppio legame risiede nella possibilità del soggetto di disporre di un punto di riferimento privilegiato attraverso cui intervenire su di esso. Tale intervento è a tutti gli effetti un atto creativo, per mezzo del quale gli individui agiscono sul proprio sistema di significati, separando i diversi livelli o trasformando i circuiti riflessivi bizzarri in circuiti armonici. Leggi la prima parte leggi la terza parte |
AutoreGiorgio Franzosi è psicologo psicoterapeuta e terapeuta EMDR. Da diversi anni aiuta a ritrovare il proprio benessere psicofisico nel più breve tempo possibile. Lavora a Crema (CR) e Online. Categorie
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