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30/6/2016

2 Comments

La teoria del doppio legame (3/3) - Follia e Creatività

 
doppio legame: follia e creatività
Parte 3 di 3 
​

Alcuni anni dopo la prima formulazione della teoria del double bind, Bateson ha proposto una profonda revisione della stessa, affermando che il doppio legame, in certe circostanze connesse all’esperienza, può favorire l’insorgere di modelli comportamentali affini ai sintomi schizofrenici, ma che, per ragioni culturali, non sono considerati patologie. 
Ne sono esempi l’umorismo, il gioco, l’arte, la poesia, la fantasia, potenti processi creativi che permettono di svincolarsi dai doppi legami. Per riferirsi a questa classe di fenomeni, Bateson ha introdotto il termine “sindrome transcontestuale”.

L’intuizione è nata in seguito all’osservazione di una femmina di focena impegnata in una serie di interazioni con il suo istruttore. L’animale apprende in un primo momento ad associare il suono del fischio alla richiesta di esibire un comportamento che, se ritenuto corretto dall'istruttore, comporta una ricompensa di cibo.​

Poiché l’intenzione dell’istruttore è mostrare al pubblico diverse esemplificazioni di condizionamento operante, egli premia la focena soltanto quando questa mette in atto moduli comportamentali nuovi in ogni spettacolo. Dapprima essa esibirà solo quel comportamento che è stato inizialmente premiato ma, non ricevendo più il cibo per l’esercizio già eseguito, dopo una fase di elevatissimo stress, inizierà una serie di acrobazie mai mostrate in precedenza, che l’istruttore rinforzerà dandole il cibo, quindi attenderà nuovi comportamenti da premiare e così via. La focena è spinta in tal modo a realizzare una sorta di deutero-apprendimento (apprendimento dei contesti), il cui risultato si manifesta nel superamento del doppio legame attraverso veri e propri atti creativi.

Questo esempio rende evidente che la possibilità di liberarsi da un doppio legame non risiede nell’eliminazione dei paradossi che l’hanno generato, ma nella capacità dell’individuo di sapersi muovere a livello metacontestuale.

Non solo schizofrenia e creatività rappresentano due possibili e diversi esiti a situazioni di doppi legami ma, in diverse occasioni, l’espressione creativa si è rivelata capace di concorrere al processo di guarigione dalla schizofrenia.

Il Caso Wolfson
Louis Wolfson, che si autodefinisce “Giovane uomo schizofrenico” oppure “Studente di lingue schizofrenico”, è autore di due romanzi: Le schizo et les langues e Ma mère, musicienne, est morte de maladie maligne à minuit, mardi à mercredi, au milieu du mois de mai mille977 au mouroir memorial à Manhattan.

Wolfson è americano, vive a Manhattan, ma i suoi libri sono scritti in francese per ragioni che appaiono evidenti fin dalle prime pagine: il giovane schizofrenico non sopporta di sentire l’inglese, la propria lingua madre, che altro non è che una splendida metafora schizofrenica per esprimere l’odio provato nei confronti della madre.

È soprattutto nel primo romanzo che Wolfson descrive le strategie attraverso le quali cerca di non incorrere nella lingua d’origine: si tratta di strategie di traslitterazione, complessi meccanismi di traduzione immediata delle parole inglesi in altre a cui vengono mantenute somiglianze fonetiche e semantiche. Più precisamente, i nuovi vocaboli sono ottenuti combinando tra loro i fonemi delle diverse lingue note all’autore, quali il francese, il russo, l’ebraico e il tedesco. Per esempio, “where?” (dove) è trasformato in “woher?”; “tree” (albero) diventa “dere”, che si pronuncia “tere”.

Distruggendo la lingua materna e creandone una nuova, Wolfson riesce a proteggersi dalla schizofrenia, a dissolvere e a trasformare il panico provocatogli dal semplice ascolto di alcune parole in una sorta di curiosità glottologica.

Il confine che separa la creatività dalla follia può talvolta essere estremamente labile e la scrittura può avere proprietà curative e difensive dalla follia, nel momento in cui viene utilizzata (sebbene inconsapevolmente) come una risorsa creativa.

Scrive Deleuze: "Così lo scrittore in quanto tale non è malato, ma piuttosto medico, medico di se stesso e del mondo. La letteratura appare allora come un’impresa di salute: non che lo scrittore abbia necessariamente una salute vigorosa [...], ma gode di un’irresistibile salute precaria che deriva dall’aver visto e sentito cose troppo grandi, troppo forti per lui, irrespirabili, il cui passaggio lo sfinisce, ma gli apre dei divenire che una salute dominante renderebbe impossibili". 

Leggi la prima parte
​

leggi la seconda parte
2 Comments
Gerard W link
10/5/2021 10:54:23

This is a great post thanks for sharing it

Reply
Giorgio
10/5/2021 10:58:27

Thank you!

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    Autore

    Giorgio Franzosi è psicologo psicoterapeuta e terapeuta EMDR. Da diversi anni aiuta a ritrovare il proprio benessere psicofisico nel più breve tempo possibile. Lavora a Crema (CR) e Online.

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