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25/3/2019

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Imparare a dire "no" con la psicoterapia sensomotoria

 
dire
La capacità di dire “no” è fortemente correlata a come percepiamo i nostri confini.

Un senso fisicamente sentito dei confini, al quale fare ricorso per aumentare la sensazione di stare bene e di essere al sicuro, è una risorsa essenziale.

Un confine rappresenta un limite, una barriera. Tutte le volte che facciamo delle scelte, che diciamo sì ad alcune cose e no ad altre, che ci orientiamo verso alcune persone o situazioni e allontanandoci da altre, stiamo mettendo dei confini.

Se abbiamo buoni confini siamo in grado di proteggere noi stessi e di fare scelte coerenti con i propri bisogni, desideri, inclinazioni, ecc.

Al contrario, in assenza di buoni confini corriamo il rischio di non essere in grado di fare scelte, di accondiscendere alle richieste degli altri, sopportare violazioni ripetute, porre aggressivamente dei limiti o ritirarci dal contatto.
Per sviluppare confini sani, è essenziale sviluppare un senso percepito nel corpo delle proprie preferenze, bisogni, desideri e diritti, e la capacità di comunicarli agli altri verbalmente e con il linguaggio del corpo.

Esistono due tipi di confini: confini fisici e confini interni.

I confini fisici indicano quanto fisicamente vicino o lontano volgiamo stare rispetto a un’altra persona, oppure se vogliamo o meno essere toccati. In entrambe le circostanze il corpo ci comunica segnali di confort o di disagio, ad esempio rilassandosi o irrigidendosi.

I confini interni si riferiscono ai processi interni, come i pensieri e le emozioni. Attraverso confini interni sani possiamo distinguere le nostre opinioni, pensieri e sentimenti da quelli delle altre persone in modo da non vacillare eccessivamente quando gli altri cercano di convincerci su come sentire o pensare. I confini interni affermano il diritto di avere opinioni, convinzioni ed emozioni personali anche se differiscono da quelle degli altri.

Le dinamiche familiari svolgono un ruolo fondamentale nell’apprendimento dei confini. Genitori che rispettano i confini propri e dei figli permettono lo sviluppo di buoni confini. Al contrario,  traumi relazionali (cioè tutte quelle interazioni del bambino col suo caregiver che conducono alla disorganizzazione dell’attaccamento, anche quando il caregiver non è direttamente maltrattante) comportano una violazione dei  propri confini da parte dagli altri.

Un contatto fisico o sessuale indesiderato può travolgere i confini fisici e interni, spesso veicolando il messaggio che non si ha il diritto di avere un confine. In altre circostanze confini interni sani potrebbero non riuscire a svilupparsi perché per sopravvivere si impara a fare ciò che gli altri vogliono a scapito del prendersi cura di se stessi.

Diverse sono le dinamiche che interferiscono con lo sviluppo sano del confine. Ad esempio, le persone che ci hanno accudito da piccoli (caregiver) potrebbero aver insistito a stabilire ciò che era meglio per noi, fallendo nel validare le nostre preferenze o i nostri bisogni. Potrebbero averci imposto di pensare o sentire in un modo specifico che soddisfacesse i loro bisogni, non i nostri, e in questo modo abbiamo sacrificato i nostri confini. I genitori potrebbero averci accusato di ‘averli feriti’ quando abbiamo stabilito i nostri confini. Potrebbero aver trasmesso il messaggio che dobbiamo ripagarli quando fanno qualcosa di carino per noi, e abbiamo lasciato che violassero i nostri confini in qualche modo. O potrebbero averci minacciato di non amarci e di non prendersi cura di noi se non avessimo obbedito. Se durante la nostra crescita non abbiamo fatto esperienza di confini relazionali sicuri, tenderemo spesso a diventare troppo passivi, non riusciremo ad affermare e a proteggere noi stessi e avremo problemi a dire "no".

Esistono quattro stili di confine relazionale che si sviluppano nel contesto delle relazioni precoci di attaccamento: stile di confine lasso (sottoconfinato), stile di confine rigido (iperconfinato), stile di confine pendolo e stile di confine pendolo.

Lo stile sottoconfinato rappresenta un adattamento particolarmente efficace per chi cresce in famiglie nelle quali stabilire i propri confini individuali non viene solitamente accettato e non crea sicurezza. L’individualità in queste famiglie è sinonimo di slealtà e il tentativo di stabilire confini è talvolta considerato irrispettoso e meritevole di punizioni. Con queste premesse, restare fusi e senza confini aiuta a percepire meglio ciò che i genitori vogliono o di cui hanno bisogno.

Se sei cresciuto in questo tipo di famiglie potresti provare le seguenti esperienze:
  • Avere difficoltà a dire di “no” ed essere accomodante e accondiscendente alle richieste degli altri;
  • Temere di essere rifiutato, abbandonato, o di deludere se  si dice “no”;
  • Sentire il dovere di compiacere gli altri dando priorità alle loro esigenze, desideri e preferenze, sentendosi di conseguenza usati e sfruttati;
  • Difficoltà a identificare i propri bisogni, sentimenti, preferenze e a distinguerli da quelli degli altri;
  • Avere l’inclinazione nelle relazioni a “dare troppo” e a condividere troppo e troppo presto;
  • Essere più facilmente esposti ad abuso emotivo, fisico o sessuale, in conseguenza della difficoltà a dire “no”;
  • Avere il desiderio di fondersi nei rapporti, con difficoltà a distinguere se stessi dagli altri o sentendosi male o rifiutati se gli altri hanno idee o sentimenti diversi;
  • Rivolgersi agli altri per consigli, aiuto e indicazioni, invece di basarsi sulle sensazioni di ciò che si desidera, dei bisogni o preferenze;
  • Notare una mancanza di consapevolezza dello spazio sociale, ovvero essere inclini ad avvicinarsi troppo – in modo inconsapevole – fisicamente o emotivamente agli altri. Le razioni degli altri volte a difendere i propri confini vengono vissute come incomprensibili;
  • Trovare estremamente facile entrare in sintonia con le emozioni degli altri tanto da dubitare delle proprie emozioni e del proprio punto di vista.

Il corpo delle persone che hanno appreso uno stile di confine lasso potrebbe apparire collassato e indifeso e mandare il messaggio di essere incapaci di difendersi o proteggersi e di essere facilmente influenzabili e manipolabili.

Lo stile di confine iperconfinato tende a essere rigido, impenetrabile, inflessibile e denso. Le persone che presentano questo modello di confine hanno più facilità a dire “no” che “sì”. Lo stile rigido è funzionale in quei contesti familiari in cui i genitori evitano il contatto fisico o emotivo con il bambino o in quei contesti in cui abbassare la guardia crea insicurezza. Le figure di attaccamento possono essere abusanti a livello fisico o emotivo, inducendo il bambino ad avere paura e a evitare le relazioni intime.

Se sei cresciuto in una famiglia con uno stile di confine iperconfinato potresti  sperimentare le seguenti esperienze:
  • Avere difficoltà a dire “sì” a richieste di altri, come se ciò significasse “cedere” o essere troppo vulnerabili;
  • Essere sempre in guardia, iper-vigile e preferire più distanza nelle relazioni, sentendo il contatto con gli altri invadente;
  • Essere a disagio a rivelare informazioni personali e non richiedere informazioni personali agli altri;
  • Evitare di chiedere aiuto con la tendenza a essere autosufficienti e autonomi;
  • Percepire gli altri come una potenziale minaccia;
  • Avere difficoltà con fiducia, intimità e vulnerabilità;
  • Avere difficoltà a farsi avvicinare dagli altri, fisicamente e/o emotivamente, ritrovandosi conseguentemente isolati;
  • Avere difficoltà a entrare in empatia e sintonizzazione con gli altri.

​Il corpo delle persone con uno stile iperconfinato presenta un aumento della tonicità muscolare, che rispecchia i confini rigidi rimanendo teso e sulla difensiva.

Lo stile di confine pendolo oscilla tra l’ipercofinamento e il sottoconfinamento, cioè tra momenti in cui la persona riesce ad aprirsi a momenti in cui, sentendosi vulnerabile, reagisce chiudendosi. I due stati opposti possono provocare confusione, sia a chi possiede questo stile di confine sia alle altre persone che interagiscono con lui.

Lo stile di confine incompleto, in fine, presenta dei buchi, in quanto la persona manifesta confini non sani solo in determinate circostanze, per esempio sul posto di lavoro o con determinate persone. La perdita di un confine sano potrebbe manifestarsi anche quando la persona si trova in un certo stato emotivo, mentale o fisico, ad esempio quando si sente arrabbiata, stanca, o in difficoltà. Ad ogni modo, persone con questo stile hanno in generale un confine sano e sono in grado di dire "sì" o "no" in modo efficace nella maggior parte dei casi.
​


La psicoterapia sensomotoria

psicoterapia sensomotoria
​Esiste una psicoterapia, definita "sensomotoria", che si integra molto bene con la psicoterapia sistemica e che si rivela essere molto efficace per lo sviluppo di confini sani e la conseguente capacità di dire "no" e porre limiti.

La psicoterapia sensomotoria propone una serie di esercizi esperienziali che aiutano ad entrare in contatto con le proprie emozioni e sensazioni fisiche, a prendere consapevolezza di quando un confine è rispettato e quando non lo è, a capire cosa succede al nostro corpo quando diciamo "no", in quali occasioni del passato abbiamo "registrato" quelle reazioni fisiche, quando le percepiamo oggi, e così via.  
Attraverso la guida del terapeuta la persona apprende - incontro dopo incontro - a fare un'esperienza positiva dei propri confini, a fare affidamento sulle proprie sensazioni per prendere decisioni e per capire di cosa ha veramente bisogno, a comunicare "sì" e "no" in modo efficace e solo quando desiderato.



Riferimenti bibliografici:

Ogden P., Fisher J. (2016), Psicoterapia sensomotoria. Interventi per il trauma e l'attaccamento. Raffaello Cortina Editore.
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    Autore

    Giorgio Franzosi è psicologo psicoterapeuta e terapeuta EMDR. Da diversi anni aiuta a ritrovare il proprio benessere psicofisico nel più breve tempo possibile. Lavora a Crema (CR) e Online.

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